Respiro e meditazione in classe
Nel mio libro “A scuola non si respira più”, tra le azioni educative che sono necessarie ai nostri bambini, c’è quella di iniziare a percepire il proprio silenzio interiore che ci permetterà di ascoltare il bellissimo silenzio dell’esterno che ci aiuta a percezioni di bellezza, ci conduce alla calma e alla nostra proprocezione, alla riduzione dei nostri stati mentali negativi. Parliamo di lezioni di meditazione.
La parola sembra difficilissima, ma l’azione è molto semplice. Avevo scritto:” Si è spesso sentito parlare di molti programmi di Meditazione e Yoga in Nord Europa dedicati ai bambini ed inseriti nelle scuole come “materia/momento obbligatorio” al pari di qualsiasi altra materia di studio.
“Yoga è una disciplina molto adatta per i bambini. Le posture richiamano animali: il gatto, il cane, il cobra, la sfinge….Semplici esercizi divertenti seguiti sin dalla più tenera età, possono diventare uno strumento prezioso per la prevenzione e la cura di disturbi e disagi fisici e psichici. E’ consigliabile far praticare yoga dai tre anni di età poiché in questa età il bambino è già in grado di esprimersi, di muoversi e di stare per un periodo di tempo lontano dalla mamma. Lo yoga, in linguaggio scolastico, è il pre – obiettivo per la meditazione”.
Ma la meditazione altro non è che, all’inizio, porre attenzione al nostro respiro, in un contesto piacevole, insieme ad un gruppo di praticanti, in questo caso, di bambini. La meditazione ha molti riflessi sulla nostra mente. Dunque, in primis, occorre conoscere saper riconoscere il nostro respiro.
Come respirano i nostri ragazzi?
Scrivevo: “ I nostri allievi respirano male. In diverse classi ho controllato il loro respiro:la maggior parte non aveva una respirazione completa, in genere soltanto toracica, sintomo di uno stato psichico e fisico sempre in allerta, in ansia.Quindi “respirare correttamente” è il primo passo da cui incominciare.
Cosa significa “avere una buona respirazione?
Occorre che tutti, iniziando dai bambini, utilizzino la respirazione completa, iniziando da quella diaframmatica. Questa infatti è rilassante ed agisce profondamente sulla circolazione del sangue. Con l’esercizio, la respirazione addominale diventa sempre più ampia, dolce, ritmica, con un calmante sul cuore. Molti altri sono i benefici di una respirazione completa, ma sarebbe noioso far fare ai nostri allievi esercizi sulla respirazione. Da grandi capirebbero, ma da piccoli facciamoli respirare bene divertendosi.
A cosa serve imparare a rilassarsi?
Occorrono istruttori preparati allo scopo, che sappiano condurre giochi sull’attenzione con lezioni volte al rilassamento corporeo e tanto altro.
Forse riusciremmo a formare ragazzi meno rancorosi, meno giudicanti, più positivi e interessati ai loro bisogni, capaci di essere critici ma propositivi, con una mente più creativa. Basterebbe iniziare con progetti specifici a partire dalla più tenera età”.
Cosa scriveva Maria Montessori a tale proposito?
Già nel 1935 Maria Montessori, che sicuramente, più di noi, aveva gruppi di bambini da “ricostruire”, come dissi in una intervista alla docente montessoriana Gabriella Tuccillo di Genova, quasi tutti erano bambini frenastenici. I suoi gruppi erano senza dubbio più a disagio rispetto alle nostre classi con ragazzi sia problematici, sia con disturbi specifici di apprendimento. I suoi bambini, all’esame di Stato di V elementare, avevano superato gli alunni delle classi “normali” romane.
La lezione del silenzio
La nostra più insigne pedagogista aveva scritto così sulla sua lezione del silenzio: facciamola nostra!
Afferma Montessori: La mia “lezione del silenzio” è stata applicata molto largamente, anche nelle scuole dove non si segue il resto del mio metodo, per l’efficacia del suo effetto pratico sulla disciplina dei bambini.
Si insegna ai bambini a “non muoversi”; a inibire tutti quegli impulsi motori che potrebbero sorgere da qualsiasi causa, e per indurli a una vera “immobilità”, è necessario iniziarli nel controllo di tutti i loro movimenti. La maestra, dunque, non si limita a dire “siedi fermo”, ma dà l’esempio essa medesima, mostrando come si siede assolutamente fermi, cioè senza muovere i piedi, il busto , le braccia, la testa. I movimenti respiratori dovrebbero anche essere compiuti in maniera da non produrre nessun suono.
Si deve insegnare ai bambini il modo per riuscire in questo esercizio: la condizione fondamentale è quella di trovare una posizione comoda, cioè, una posizione di equilibrio. Quando i bambini sono seduti per questo esercizio, essi debbono mettersi comodamente o sulle seggioline o sul pavimento. Quando è ottenuta l’immobilità, si fa il buio nella sala.
E’ molto facile notare che i bambini prendono un grande interesse al “silenzio”; sembra che essi provino una specie di incanto; si potrebbe dire che sono rapiti in meditazione. A poco a poco quando ogni bambino vigilando se stesso diviene sempre più immobile, il silenzio si approfondisce, finchè diventa assoluto e può essere sentito proprio come il crescere graduale del crepuscolo, mentre il sole tramonta.
Allora, si odono suoni leggerissimi, inavvertiti prima; il tic tac dell’orologio, il cinguettio di un passero nel giardino, il volo di una mosca. Il mondo viene popolato di suoni impercettibili che invadono quel profondo silenzio senza disturbarlo, proprio come le stelle brillano nel cielo buio senza diminuire la profondità della notte.
E’ quasi la scoperta di un nuovo mondo, ove c’è riposo. E’ come se avvenisse il crepuscolo del gran chiasso del mondo e del tumulto che opprime lo spirito. In questo tempo lo spirito è lasciato libero e sboccia come la corolla del convolvolo.
Lasciando la metafora per la realtà dei fatti, non possiamo noi tutti richiamare sentimenti che ci hanno posseduto al tramonto quando tutte le vivide impressioni del giorno, lo splendore ed il clamore tacciono? Non è che sentiamo la mancanza del giorno; è che il nostro spirito si espande, diviene più sensibile all’interna ridda di emozioni, forti e persistenti, o variabili e sereni:
“Era già l’ora che volge il desìo
ai naviganti e intenerisce il core”.
La lezione del silenzio finisce con la chiamata generale dei bambini per nome. La maestra od uno dei bambini, si mette dietro la scolaresca in una stanza vicina e “chiama” per nome, uno per uno, i bambini immobili; la chiamata è fatta sottovoce, strisciando le sillabe, quasi senza vocali. Il che richiede un’attenzione intensa da parte del bambino per udire il suo nome. Quando egli sente il proprio nome, deve alzarsi e trovare la via, dalla voce che lo chiama; il suo movimento deve essere leggero e vigile, e così ben controllato da non fare alcun rumore.
Quando i bambini hanno conquistato questo silenzio, il loro udito si è affinato alla percezione dei suoni. I suoni troppo forti divengono gradatamente sgradevoli all’orecchio di chi ha gustato il piacere del silenzio ed ha scoperto il mondo dei suoni delicati.
Da questo punto, i bambini si perfezionano gradatamente; camminano con leggerezza, stanno attenti a non urtare contro i mobili, muovono le seggioline senza far rumore e posano gli oggetti sopra il tavolino con molta cura.
Il risultato di ciò si vede nella grazia del portamento e dei movimenti, che è veramente deliziosa per la maniera nella quale si è stabilita. Non è una grazia insegnata esteriormente per una finalità di bellezza o di considerazione per il mondo, ma è una grazia nata dal piacere provato dallo spirito nell’immobilità e nel silenzio. L’anima del bambino desidera liberarsi, durante il lavoro, della fatica dei suoni troppo forti, che sono di ostacolo alla sua pace. Questi bambini con la grazia di paggi verso il loro nobile signore, servono il loro spirito. Tale esercizio sviluppa in modo molto definito lo spirito sociale: nessun’altra lezione, nessun’altra “situazione” potrebbe fare lo stesso. Si può ottenere un profondo silenzio perfino quando più di cinquanta bambini sono riuniti insieme in un piccolo spazio, purchè tutti sappiano rimanere silenziosi e desiderino farlo; basta un disturbatore a togliere tutto il fascino.
Qui c’è la dimostrazione della cooperazione di tutti i membri della comunità per raggiungere un fine comune. I bambini gradualmente mostrano un crescente potere di inibizione; molti di essi, piuttosto che disturbare il silenzio si trattengono dal soffiarsi il naso, o soffocano un colpo di tosse od uno starnuto. Lo stesso spettacolo di azioni collettive si vede nella cura con la quale i bambini si muovono per evitare di far chiasso durante il lavoro. La leggerezza con la quale corrono sulla punta dei piedi, la grazia con la quale chiudono una credenza, o pongono un oggetto sul tavolino; queste sono qualità che devono essere acquistate da tutti, se l’ambiente diviene tranquillo e libero da disturbatori. Un ribelle è sufficiente a turbare questa impresa: un solo bambino chiassone che cammini sui tacchi e sbatta le porte, basta a disturbare l’atmosfera piena di pace della piccola comunità.”