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Che cos’è un mantra? Lo scopo della sua recitazione – Rubrica Mantra 1

Che cos’è  un mantra?

Mantra è una parola sanscrita composta dalle radici man (da manas, mente, intelletto) e tra (dal verbo trayate, proteggere). Le vibrazioni emesse fanno sì che la mente si saturi quando vengono ripetute a lungo. Quindi il mantra ci protegge dalle nostre problematiche interne, le afflizioni, liberando la mente in modo che essa si fortifichi.

Cosa significa liberare la mente?

Liberare la mente vuol dire trasformarla in mente conoscitiva e consapevole. Ogni sillaba sanscrita è un timbro musicale. Quindi il mantra ha un potere calmante. La emissione di questi suoni è il mantra che diventa kirtan se cantato. I suoni emessi proteggono e liberano la mente e sono propedeutici alla meditazione. Per ripetere un numero preciso di mantra si usa la mala che serve a contare le ripetizioni dei mantra durante la pratica. Il mantra può essere un suono, una parola o una frase che, producendo sonorità (nada) favorisce la concentrazione (dharana).

Sia nella tradizione induista e sia in quella buddista a questa pratica è corrisposta molta importanza per le implicazioni spirituali che ne conseguono: si ritiene infatti che la ripetizione continua dei mantra induca azioni positive ed elimini le afflizioni.

All’inizio e alla fine di ogni meditazione, si recita il mantra universale della Om, attraverso la sua scomposizione in “Om Ha Hum”. Troviamo il mantra Om anche all’inizio di ogni mantra.

Qual è il mantra più conosciuto?

OM Mani Padme Hum” è uno dei mantra più popolari al mondo. È il mantra della compassione. Le pietre e le bandierine su cui viene scritto sono generalmente poste dai praticanti buddisti (il mantra è tibetano) intorno alle proprie case come simbolo di protezione. I monaci e i praticanti lo intonano, minimo, per una mala, ovvero per 108 volte. Le vibrazioni così potenti che questo mantra emana hanno come effetto la purificazione, la sua vibrazione va a neutralizzare il karma negativo.

Altro mantra molto caro ai praticanti, il cui nome in tibetano è drolma (colei che libera), Tara in sanscrito, ovvero “Stella”, è il mantra di Tara, la dea più importante del buddismo, divinità della compassione, colei che ci libera dalle paure, la dea madre di tutti i Buddha che ci protegge da tutti i pericoli, quindi invocata spesso per la protezione dalle malattie.

Nel buddismo lo scopo principale della recitazione dei mantra è il raggiungimento dell’Illuminazione e una preghiera per il bene di tutti gli altri esseri.

A cosa serve la recitazione dei mantra?

Afferma Tenzin Gyasto, XIV Dalai Lama in “Le chiavi della meditazione quotidiana”: “le tecniche mantriche vengono usate per portare a compimento diverse attività, quali la pacificazione, la moltiplicazione o sviluppo, l’attività di controllo, l’attività di soggiogamento, ovvero si tratta delle “Quattro attività illuminanti” di cui si parla nei tantra superiori, compiute dagli yogi al fine di aiutare gli esseri senzienti a eliminare le sofferenze e gli ostacoli spirituali.

Quali sono?

Si distinguono dalle attività ordinarie per la presenza di bodhicitta (mente di illuminazione in sanscrito); l’attività di pacificazione è destinata a lenire  malattie, guerre, conflitti interiori.., quella di moltiplicazione e sviluppo è destinata a sviluppare meriti, longevità, saggezza, prosperità……; quella di controllo detta anche “potere” è destinata a sviluppare il potere della realizzazione; l’attività di soggiogamento o irata è destinata a por fine agli ostacoli esterni, interni e segreti (questi ultimi sono i pensieri discorsivi) respingendo, superando, dissipando o sopprimendo l’influenza negativa.

Ciascuna di queste attività viene “innescata” dalla presenza di una particolare copula mantrica, una o più sillabe aggiunte al mantra principale della deità sulla quale è incentrata la pratica. Per imbrigliare l’energia dei mantra, però, prima di tutto bisogna realizzare la vacuità e la bodhicitta, ossia l’aspirazione a conseguire l’Illuminazione assoluta, suprema.”

E’ così anche in occidente?

Come si può ben capire, in occidente, pur conoscendo la filosofia buddista, praticando yoga, non si recitano i mantra per raggiungere la bodhicitta, ma come atto di bhakti, di devozione, riverenza, ai fini di una nostra buona pratica che ci porti ad alti livelli meditativi, pur nella consapevolezza di non voler prendere “rifugio”, ossia diventare buddisti intraprendendo il sentiero dei Tre Gioielli, Buddha, Dharma e Sangha.

Qualcuno prende questa strada, ma ciò accade generalmente nei centri buddisti, non nelle scuole di Yoga anche se condotte da maestri che hanno praticato il sentiero buddista.

Vedremo in seguito il vero potere dei mantra nella nostra pratica da occidentali.

Riproduzione riservata – copyright Margherita Politi

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