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Due lettere di Giacomo Leopardi bambino

Nel mio ultimo libro “Storie recanatesi, carteggi di Paolina Leopardi”, in cui parlo, in particolare del carteggio della sorella di Giacomo, Paolina Leopardi, con il mio avo Marzio Politi, cito due lettere di Giacomo Leopardi ragazzino.

Sono sonetti inediti, giocosi, ironici.

Nella prima lettera Giacomo si rivolge a Don Sebastiano Sanchini, precettore di Giacomo e del fratello Carlo, la seconda alla cara nonna.

Nel primo egli manifesta di non gradire la decisione del precettore, quella di allungare l’orario giornaliero di studio, di tre ore serali per potere sostenere meglio l’esame annuale.

Nel secondo Giacomo si rivolge alla cara nonna paterna, madre di Monaldo, Virginia Mosca Leopardi, con l’invito di buttare via  i suoi versi nel«cacator» o altrove in caso non fossero di suo gradimento.

La data è il 25 giugno 1810, di poco precedente il dodicesimo anno di età.

Il testo di riferimento

Come ha affermato la storica della Crusca  Elisabetta Benucci, “ per la prima volta gli scritti giovanili di Giacomino sono stati raccolti e pubblicati dalla grande filologa Maria Corti che ci ha fatto conoscere queste carte in redazione scientificamente corretta, il resto sono copie. Il testo di riferimento è: Maria Corti, Entro dipinta gabbia, Tutti gli scritti inediti, rari e editi 1809-1810 di Giacomo Leopardi, Milano, Bompiani, 1972, un testo che vale la pena avere nella propria biblioteca!”

Ecco la prima parte del primo dedicato al precettore Don Sebastiano Sanchini:

Illustrissimo Signore,

Immortal, gran Precettore,

Mi par cosa vergognosa

Senza dire qualche cosa

Il dovere incominciare

Verso sera a studiare.

Dunque su, Calliope amica,

Torna presto alla fatica,

Incomincia un po’ a cantare,

E lei resti ad ascoltare.

Verso la sera,

Fra l’ombra nera

Lieti studiamo,

Nason spregiamo

In un bruttissimo

Libro, sporchissimo,

Che pure è buono

A darsi in dono

A quel che vende,

E allegro prende

Libri stracciati,

Libri sporcati.

Ma il Precettore

Ha un libro bello

Espresso in quello

Vede il dolore

Del poveretto Nason, diletto.

Dunque andiamo, studiamo contenti

Precettore immortale, e giocoso,

Che sollevi le cure, e gli stenti

Dello studio, ch’è un po’ faticoso.

Lasciam pur la fatica diurna,

Cominciam la fatica notturna.

Ma per ora soscriver mi voglio

E lasciar di far versi l’imbroglio.

Servitore Devotissimo,

E scolare obbligatissimo.

Recanati è il mio paese,

E d’Ottobre siam nel mese.

Il secondo dedicato alla nonna:

Di fiori un serto vivido, che Apollo a noi presenti

In Elicona è solito destar vaghi concenti.

E quei Poeti miseri che non san fare un corno

Fiori a raccodivertonsi per tutto il santo giorno.

A questo io stesso m’occupo, che sono un di costoro,

E stanco poi distendomi sotto un opaco alloro

Or dunque il frutto nobile della fatica mia

Umil presento, e inchinomi a Vostra Signoria.

Spero che in volto placido accetterete il dono

E dell’ardir, che presimi darete a me perdono.

Prendetelo di grazia, e quindi se mai fia,

Che in un vasetto pongasi, o in quello che si sia,

Quell’acqua sì odorifera, quell’acqua istessa

Al Precettor buonissima per celebrar la Messa.

Se dopo tante prediche che far non ne sapete

Nel cacator buttatelo, o dove mai volete.

Basta, che di riceverlo non isdegniate almeno,

Del resto cosa importami? Sarò contento appieno.

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