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Emergenza alessitimia: prendiamoci cura dei nostri ragazzi

Una riforma per la scuola

Sempre più sentiamo usare il termine ALESSITIMIA. Questa parola deriva dal greco, “Alexis thymos” dove “a” è sempre “alfa privativo”, “lexis” è “parola” e “thymos” è “emozione”.

Quale significato dare ad Alessitimia?

La traduzione è “non comunicare le emozioni”. In modo più ampio il termine ha il significato di essere incapaci di esprimersi emotivamente, cioè di non essere in grado di comprendere le proprie emozioni né di capire quelle altrui e, soprattutto, di non comunicarle.

Alessitimia non è un termine nuovo in quanto lo si fa risalire al 1976. Fu usato dai ricercatori John Nemian e Peter Sifneos per definire, in modo semplice, “un disturbo delle funzioni affettive e simboliche che spesso rende sterile e incolore lo stile comunicativo dei pazienti psicosomatici .

Chi ne soffre riesce a cogliere le proprie emozioni ma non riesce a collegarle alla reazione che hanno sul fisico.

E’ stato constatato che chi ha questa patologia mostri una buona strumentalità verso le azioni concrete, con deficit in quelle astratto immaginative e che sia caratterizzato da un pensiero fortemente razionale privo di radicamento emozionale.

Si era osservata questa caratteristica soprattutto nei pazienti con patologie presumibilmente psicosomatiche. Gli studi, dall’epoca, sono proseguiti a lungo e molto si trova nelle riviste scientifiche.

La caratteristica dei soggetti affetti da alessitimia è quella di vagare da un medico all’altro per scoprire il malessere non identificato pensando che una qualsiasi somatizzazione rappresenti una grave patologia.

Perché ci dobbiamo preoccupare se i nostri ragazzi soffrano di alessitimia?

Chi soffre di questa patologia mostra una notevole riduzione delle informazioni che afferiscono alla sfera cognitiva: rifugiandosi in se stessi, non sapendo da dove nasce il malessere, i ragazzi, soprattutto in questo periodo, stanno male e non riescono a capire il perché. Si ritirano in se stessi e i loro genitori non riescono ad entrare nel vissuto psichico dei propri figli. Nasce come conseguenza una grave forma ipocondriaca con tutto ciò che ne consegue.

Nel mio saggio sulla scuola #ascuolanonsirespirapiù, nel III capitolo parlo diffusamente delle problematiche adolescenziali, già presenti nel pre – covid ( insonnia tecnologica, nomofobia (paura di rimanere sconnessi), ringxiety (ansia da smarphone), textiety (ansia da messaggio), vamping (ore notturne trascorse sui social media, cutting (il tagliarsi con lamette) tanto che gli esperti parlano di “ancoraggio in un mondo senza mappe” segnalando come la dipendenza senza sostanze stia superando quella con sostanze, con una nuova droga ‘invisibile’ che ha mille fonti: “Internet, smartphone, gambling, social network, pornografia, videogiochi online…”tanto che gli esperti si focalizzano su quello che definiscono “il primo killer” del cervello giovane: la carenza di sonno.

Qual è la situazione attuale?

A seguito del covid la situazione è molto peggiorata. Leggiamo ovunque quanto i ragazzi si siano isolati durante gli ultimi due anni, come la mancanza di interazione tra loro e tra adulti (fondamentali quelle con gli insegnanti e con il gruppo scuola – classe) li abbia portati ad un senso di solitudine e di chiusura.

I ragazzi maggiormente fortunati, con genitori in grado di seguire con armonia, intelligenza e dedizione i propri figli, se la sono cavata, (non tutti!!) ma quelli con problematiche pregresse, in contesti urbani e familiari difficili, hanno visto acuire le problematiche, su diversi fronti. Molti tra loro hanno sviluppato stati emotivi di paura, rabbia, tristezza, ansia, timore, noia confusione, mancanza di empatia, associati spesso a varie forme depressive, con risvolti comportamentali diventati patologici.  

E allora troppi, tra i nostri ragazzi, sono diventati alessitimici, e le conseguenze sono davvero preoccupanti.

E’ compito di tutti, sinergicamente, cercare di porre rimedio a questo quadro desolante e veramente preoccupante che riguarda i bambini, la fascia adolescenziale ed anche i ragazzi più grandi.

Il ruolo della famiglia e della scuola

Oltre al ruolo fondamentale della famiglia, sta alla scuola occuparsi non soltanto della formazione dei giovani, ma anche della loro educazione.

Imparare attraverso l’elaborazione delle azioni concrete dovrebbe essere un “must” a livello didattico, dall’infanzia per poi proseguire. La curiosità è insita nel bambino, ma se non coltivata, sfocia in abulia e mancanza di motivazione.

Visto che eravamo nel pre – covid il penultimo Paese quanto ad istruzione in Unione Europea, come ho avuto modo di documentare ampiamente nel mio libro, sarebbe giunta l’ora di riprogrammare la scuola, con attenzione al metodo di insegnamento che recuperi, ad esempio, quanto Montessori ci ha insegnato. I nostri ragazzi, similmente a quelli “frenastenici” di allora, necessitano cura, forte attenzione, con attività che lascino spazio alla mente di elaborare pensieri che li facciano uscire dall’ancoraggio al proprio soma, cercando, attraverso la concretezza, di sviluppare creatività e fantasia.

Ministro Bianchi, si dia da fare, per favore! Sono passati due anni ma non vediamo riforme vere necessarie al nostro Paese. L’Istruzione e la formazione non possono rimanere tra i problemi da risolvere. E’ una priorità, anzi, una emergenza!

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