Il Presidente della Repubblica Mattarella nella cerimonia del Ventaglio di ieri 24 luglio, nel tradizionale scambio di saluti con la stampa internazionale prima della pausa estiva, ha espresso il proprio disappunto e la propria preoccupazione relativamente a diverse problematiche tra le quali quella del diritto alla informazione corretta, sia da parte dei mass media sia da parte della stampa. Ha pronunciato parole allarmanti: “I giornalisti contrastino le adulterazioni della realtà: operare contro le adulterazioni della realtà costituisce una responsabilità, e un dovere, affidato innanzitutto ai giornalisti” e continua: “ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica”.
Nella presentazione del mio saggio di denuncia sulla scuola, presentato nel 2020 da Feltrinelli, dal titolo A scuola non si respira più, avevo affermato che nel 2023 avremmo avuto una percentuale altissima di fake news e che, quindi, la scuola sarebbe dovuta intervenire contro il preoccupante fenomeno dell’analfabetismo culturale. Scrivevo nel I capitolo La scuola oggi:
Non dobbiamo stupirci sui dati emersi nella rivista on line di “cultura e società”, Villaggio Globale, del 17 dicembre 2019 in cui vi è un interessante articolo sulla diversa percezione delle “fake news” tra i 15 paesi dell’Ocse. La nostra nazione è prima per quanto riguarda la differenza tra percezione e realtà. Ovvero i dati PISA – INVALSI bene individuano come in Italia la mancanza di comprensione di un fenomeno si estenda alla mancanza di comprensione dei dati della realtà, e così le fake news hanno una presa impressionante. Si ritorna dunque all’analisi del degrado della nostra realtà scolastica…
In Italia solo il 14% dei maggiorenni ha una laurea mentre metà della popolazione adulta non va oltre la licenza media. Ma il dato preoccupante è quello dell’analfabetismo funzionale: secondo lo studio Piaac, in Italia il 28% della popolazione adulta è “incapace di intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”, come riporta la definizione dell’Ocse. Quasi un italiano su tre è un analfabeta funzionale, e questa non è una fake news, è un dato. Nelle competenze di “literacy”: l’Italia si pone all’ultimo posto.
Ma cosa si intende per analfabetismo funzionale?
L’Unesco definisce dal 1984 l’analfabetismo funzionale come «la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità». L’uso dei social, con messaggini minimi e scorretti grammaticalmente, ha aumentato la platea dei lettori e di chi condivide e commenta i messaggi, ma a questo non ha corrisposto una crescita di comprensione del testo. Si rimane in superficie senza minimamente interpretare i concetti, elaborarli criticamente e desumerne il vero significato, venendo meno la curiosità di confrontare testi, opinioni e poter essere capaci di sostenere un proprio pensiero su quanto si è letto.
Chi è l’analfabeta funzionale
Il fatto è che l’analfabetismo funzionale si protrae con gli anni. L’Asnor.it (associazione nazionale orientatori) riporta quanto segue: “L’analfabeta funzionale è una persona che sa leggere, scrivere (altrimenti sarebbe definibile analfabeta) ed esprimersi in modo sostanzialmente corretto. Non è in grado, però, di raggiungere un adeguato livello di comprensione e analisi di un discorso complesso. Volendo identificare i caratteri distintivi dell’analfabeta funzionale, si potrebbero elencare i seguenti: l’incapacità di comprensione adeguata di testi pensati per una persona comune, come articoli di giornale, regolamenti o bollette, la difficoltà nell’esecuzione di calcoli matematici semplici, come gli sconti in un negozio o la tenuta della contabilità casalinga, la difficoltà nell’utilizzo degli strumenti informatici, la conoscenza superficiale degli eventi storici, politici, scientifici, sociali ed economici.
Da questo elenco sintetico è chiaro come l’analfabetismo funzionale rappresenti un problema molto serio nella vita di tutti i giorni. Un ostacolo che si frappone fra la persona e le attività più ricorrenti del quotidiano”.
Come si pone l’Italia rispetto agli altri paesi europei?
Dai dati aggiornati al 2019, desunti da diverse ricerche che hanno tentato di misurare il livello di analfabetismo funzionale in Italia, i dati più attendibili a cui far riferimento sono, come detto, quelli dell’indagine Piaac – Ocse. Come espresso, secondo queste statistiche, in Italia, il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale. Il dato è tra i più alti in Europa, eguagliato dalla Spagna e superato solo da quello della Turchia (47%).
L’Asnor, come soluzione al problema, afferma sia necessario “restituire il giusto valore a due attori fondamentali: la famiglia e la scuola. È all’interno di queste due dimensioni che possono essere messe in atto le azioni più importanti per contrastare l’analfabetismo funzionale. E l’alleato più forte è senza dubbio la lettura…
Un primo utilissimo passo è realizzare un’analisi delle proprie abitudini e di quelle connesse al proprio nucleo familiare. Poche semplici domande, le cui risposte permettono di tracciare un primo quadro della situazione: spendiamo del tempo a leggere? Leggiamo abbastanza? Stiamo educando i figli alla lettura? Lasciare ai libri il giusto spazio in casa è fondamentale. La scuola è il luogo in cui l’analfabetismo funzionale si manifesta in modo massiccio ed evidente.
A distanza di quattro anni dobbiamo chiederci allora: cosa si è fatto e cosa si sta facendo per arginare questo fenomeno? E’ stata messa in campo qualche riforma strutturale per la scuola, per ripristinare il diritto all’ascensore sociale che oggi è completamente scomparso con l’accentuazione delle diseguaglianze sociali ed economiche?
Ben venga allora il discorso del Presidente Mattarella che, oltre a dare un monito ai politici su fatti recentemente occorsi, ha cercato di far riflettere su un problema serissimo che si aggiunge ad altri non ancora risolti, quello della libertà di opinione e di informazione, di analisi critica e di diffusione corretta di notizie sia da parte dei mass media sia da parte dei giornalisti.
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