Rubrica Respirazione 3
Kapalbhati Pranayama è una tecnica di purificazione dell’area frontale del cervello, con grandi benefici sul nostro sistema nervoso.
Una importante tecnica respiratoria
Dopo aver parlato della corretta respirazione e dei semplici esercizi che si possono effettuare per respirare meglio, aggiungo, nella “rubrica respirazione” del mio sito, una tecnica respiratoria che serve molto per chi soffre di ansia, poiché questo mi è stato richiesto da chi ha già fatto pratica nei primi step respiratori indicati. Spesso chi soffre di ansia ha il respiro molto accelerato, talvolta con tachicardia. Occorre fare alcune precisazioni.
I passi dello Yoga
Occorre sempre ricordare che, nella pratica yogica, è sempre l’espirazione che deve prevalere sulla inspirazione. Chi mi segue sa che Yoga è meditazione, e che per raggiungere la meditazione occorrono vari passi da compiere, ed è ciò che ho spiegato nel mio libro “Immergersi nel flusso dello yoga”.
Scrivo: “Possiamo dunque dire che la pratica delle asana (le posture dello yoga)mette in relazione lo stato fisico, quello mentale ed energetico, e siamo soltanto al terzo degli otto passi della scala di pratica dello Yoga.
Cosa c’e pero prima delle asana? (le posture dello yoga)
C’e il Kriya Yoga (dal sanscrito: kriya, “azione” e Yoga, “unione”) che fa parte dell’antica scienza del Raja Yoga, citato sia da Patanjali negli Yogasutra, sia da Sri Krishna nella Bhagavad Gita.
Cosa è il Kriya Yoga?
Con questo termine si fa riferimento all’antichissima pratica spirituale ripresa e diffusa in occidente da Paramhansa Yogananda a partire dal 1920.
Il Kriya Yoga, nella sua forma più pura e originale richiedeva un rapporto personale tra Guru e discepolo e per questa ragione era insegnato in forma privata e segreta e tramandato oralmente.
Il Kriya Yoga è una tecnica molto avanzata per l’evoluzione spirituale. Questa tecnica è passata di epoca in epoca fino ad arrivare ai giorni nostri.
Kriya vuol dire anche purificazione: oggi a nessun praticante viene chiesto di purificarsi attraverso gli shatkarma, le sei azioni di purificazione del corpo (shatkarma o shatkriya, da shat “sei”e kriya “azione”).
Negli Yogasutra si pone particolare enfasi alla purificazione del corpo all’inizio del cammino spirituale: il primo dei niyama infatti è saucha, la purezza.
Cosa è scritto nell’Hatha Yoga Pradipika?
Nell’Hatha Yoga Pradipika (II:36) composto da Svatmarama Yogindra, laddove egli menziona la tecnica di Kapalbhati (una tecnica di respirazione avanzata), troviamo:
“Quando, con le sei azioni, si sono fatte scomparire l’obesità, le impurità e i disordini causati da kapha (una particolare costituzione fisica che vado ad analizzare in seguito), ci si deve dedicare al pranayama (respiro) e il successo sarà ottenuto senza sforzo” .
La maggior parte della letteratura yogica riguarda il primo livello, cosi definito, “percorso esterno”, che giunge sino al quarto passo, ovvero sino alla corretta respirazione, con esperienza di esternalizzazione della mente. Ma per accedere allo yoga, quello utile per la mente a livello più profondo, occorre proseguire nei livelli più avanzati, ed è affascinante inoltrarsi nei passi successivi, difficilmente praticati se non si è guidati da maestri in grado di farlo. Sicuramente, per addentrarsi in questo secondo “percorso interno”, è meglio aver approfondito, attraverso seminari mirati di Yoga più avanzato, le sadhane (sequenze di esercizi) preparatorie al tipo di meditazione che si andrà ad intraprendere nei vari livelli meditativi che vedono il processo di internalizzazione della mente.
Yoga è internalizzazione della mente
Una tecnica inserita nel pranayama, ai fini della internalizzazione della mente è quella di kapalbhati, un pranayama rivitalizzante ma allo stesso tempo molto utile per stabilizzare la mente e per rallentare il battito cardiaco. Il termine kapalbhati vuol dire “lucidare il cervello e la parte frontale della testa” e serve per ottenere una maggiore sospensione del respiro, per giungere quasi al non respiro.
Questa tecnica è molto utile nei casi di tachicardia. Senza uso di farmaci, praticandola, si riesce a ricondurre il battito cardiaco alla normalità, ma sempre sotto la guida del proprio maestro e poi, acquisita bene la tecnica, si può praticarla anche da soli, qualora se ne abbia bisogno. Per praticare questa tecnica occorre avere esperienza di pratica yogica in quanto occorre essere capaci gradualmente di allungare i tempi di espirazione portando il corpo e la mente al rilassamento fisico e mentale.
Nello Yoga avanzato è l’espiro che ci conduce durante la pratica, al punto da affermare che Yoga è “espiro”.
Kapalbhati seguito da jalandhara bandha (altra tecnica respiratoria) è molto utile per “rompere” la catena dei pensieri disturbanti.
Si può praticarla, ad esempio, prima di dormire, nei momenti di tensione. Le pratiche sui bandha sono molto potenti. Essi sono i cosiddetti “sigilli energetici” dello Yoga.
Tecniche avanzate di respirazione
Le tecniche avanzate relative alla respirazione, sono molto utili per la meditazione in quanto consentono di conseguire lo stato di kevala kumbhaka (la sospensione automatica del respiro, la ritenzione spontanea); e lo scopo del pranayama è proprio questo.
Kevala kumbhaka è dunque uno stato avanzato di pranayama che si presenta durante gli stadi superiori di meditazione. Durante questo stato di “non respiro” il praticante riesce a interiorizzare l’aspetto sottile dell’esperienza ottenendo una più elevata visione della realtà”.
Kapalbhati Pranayama è un pranayama rivitalizzante in quanto rinvigorisce l’intero cervello ed i centri responsabili della percezione. “Kapal” significa “cranio” e “bhati” significa “luce, splendore, conoscenza”.
In cosa consiste la tecnica?
La tecnica consiste nel prendere aria inspirando e poi nello svuotare contraendo l’area toracica soltanto attraverso l’espirazione forzata. L’atto espiratorio forzato va a ridurre il volume toracico facendo sì che vi sia un ritorno passivo al volume basale.
Scrive Swami Niranjanananda Saraswati a tale proposito: “Mentre nella respirazione normale l’inspirazione è attiva e l’espirazione passiva, kapalbhati inverte questo procedimento, facendo dell’espirazione un processo attivo forzato e dell’inspirazione un ritorno passivo. Kapalbhati inverte ulteriormente il processo naturale comprimendo i polmoni al di sotto del volume basale di riposo, mentre la respirazione normale espande e contrae i polmoni utilizzando un processo attivo inspirando e espirando.
Con la pratica di queste tecniche i centri cerebrali che controllano la normale funzione respiratoria vengono perciò allenati a diventare più versatili…”
Esistono diverse tecniche?
Vi sono quattro tecniche, ne consiglio una, di sintesi, molto pratica:
Dopo aver praticato qualche asana, fermandoci in una posizione comoda, oppure anche stesi a letto, prima di dormire, dopo aver reso stabile il respiro, mantenendo gli occhi chiusi, lasciamo che il respiro sia fluido analizzandolo mentre esso entra ed esce dalle nostre narici, cercando di seguirlo con un nostro percorso psichico.
Come si pratica kapalbhati?
Cominciamo a praticare tre minimi cicli di kapalbhati: si inspira e si sia espira attraverso le narici con la velocità di circa un respiro al secondo, completando 10 respiri. Si inspira profondamente, si trattiene un po’ il respiro per poi completamente espirare ritmicamente dalle narici lasciando che l’inspiro, tra le espirazioni, sia automatico (vedremo che l’aria richiesta sarà minima).
Terminato il primo ciclo dopo dieci espiri, ci riposiamo un po’, per poi inspirare nuovamente, trattenere il respiro, ed espirare per altre dieci volte ascoltando la potenza del nostro espiro e quanto sia sempre minima l’aria necessaria per inspirare.
Possiamo passare ad un terzo ciclo.
Terminati questi brevi cicli ci troveremo un po’ storditi, con il battito respiratorio meno avvertibile, molto calmo.
La tecnica è potente, controindicata per chi soffre di ipertensione, vertigini o ernia.
Si può praticare questa tecnica senza aver frequentato un corso di yoga?
No, occorre essere seguiti da un insegnante per praticare queste tecniche in quanto il pranayama, nelle fasi yogiche, è già ad un livello abbastanza avanzato di pratica. Durante la tecnica di kapalbhati è possibile provare un leggero senso di svenimento che potrebbe spaventare il praticante inesperto.
Naturalmente tutte le pratiche yogiche hanno, come fine, la meditazione.
Noi occidentali cerchiamo, senza snaturare l’essenza, di utilizzare ciò che lo yoga ci ha insegnato, indirizzandolo soprattutto al fine di trarre beneficio sia fisico, psichico e mentale, quindi anche a livello terapeutico.
Un invito dunque ad iniziare a praticare yoga, ma con un insegnante esperto. Ci sono molti docenti, oggi, formati soltanto attraverso corsi on line. Attenzione!
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