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Lo yoga e i Maestri

Il fenomeno del Guru  Sadhguru che viaggia velocemente con la sua potente motocicletta, il cui nome è Jagadish Vasudev, è diventato mediatico. Il mistico indiano  ha riunito per meditare all’Allianz Cloud Arena di Milano  oltre 4 mila persone paganti, con  prezzo del biglietto sino ai 900 €. Questo fenomeno non ci stupisce più di tanto, in un’epoca dove l’individuo mostra sempre più alto il proprio malessere interiore andando a cercare punti forti di riferimento.

Da chi è seguito Sadhguru?

Sadhguru è seguito, solo per fare qualche nome,  da star hollywoodiane come Will Smith e Matthew McConaughey.  Tra le star del panorama musicale  giovanile italiano sedute tra il pubblico c’erano Rkomi, Irama, Alessandra Amoroso, Joan Thiele, Roshelle, Venerus, Mace.

Egli ha più di 11 milioni di seguaci sui suoi profili social, un canale You Tube ad oggi con 768 video.  Sadhguru si definisce “Yogi, mistico, spirituale con una particolarità. Con una sorprendente miscela di profondità e pragmatismo: la sua vita e il suo lavoro servono a ricordare che lo yoga è una scienza contemporanea, di essenziale importanza per l’epoca in cui viviamo”.

Verissimo, ma il percorso yogico è graduale e affascinante, non di tutto un po’ come Sadhguru sta predicando alla massa.

Avevo scritto, come conclusione del mio libro “Immergersi nel flusso dello yoga”, un testo sul percorso yogico integrale corredato da passi di alcuni essenziali testi sacri, quanto segue:

“Mi piace però terminare il libro con queste considerazioni: il praticante di Yoga spesso, nella pratica e nella meditazione, immerso nel suo spazio interiore, rinforzato dai testi sacri, rischia di andare a cercare quella perfezione che, se non tradotta nella vita reale, rimane sul tappetino, durante la pratica: il suo aspetto egoico, soprattutto se esperto, prende il sopravvento, rinforzato dal potere che sente di avere, se maestro, anche dalla platea dei suoi allievi. Occorre cercare allora il vero Maestro, quello che ha interiorizzato le attitudini proprie di uno yogi.

Non sempre è cosi: il Maestro ha un suo palcoscenico in cui esibirsi, una platea ossequiosa e piena di rispetto: il rischio di produrre un attaccamento forte alla pratica esiste, ed esiste anche l’aspetto egoico che molte persone non riescono a scrollarsi di dosso proprio per il rinforzo che traggono dal compiacimento alla pratica.

Il vero Maestro, sia nel buddismo, sia nell’induismo, dovrebbe essere il primo a spogliarsi della componente egoica. Anche nel Cristianesimo afferma Gesu, nel vangelo di Matteo, 23, 10:” E non fatevi chiamare maestri”, perchè uno solo è il vostro Maestro, il Cristo”, e nel 10, 24-25: “Il discepolo non è da più del suo maestro, nè il servo da più del suo padrone. Basta al discepolo essere come il maestro, e al servo come il padrone”.

E se Yoga è creatività e spiritualità, occorre che queste qualità non rimangano nell’angolo di perfezione che i praticanti generalmente vanno a costruire, ma nella giusta relazione con la realtà.

La vera pratica diventa allora la pratica informale, di tutti i giorni. E la creatività, la perfezione, se è quella che cerchiamo, dovrebbe essere riposta nei piccoli gesti della quotidianità, nella realizzazione della parte creativa indirizzata agli altri.

Il vero praticante dovrebbe riuscire a stare bene con se stesso senza gli “uditori”, senza le gratificazioni, raggiungendo il proprio equilibro senza l’auditorium a cui è abituato, cercando in se stesso i momenti di verità, in relazione con le sue parti profonde. L’unità a cui dovrebbe tendere è dunque quella della congiunzione con se stesso. La continua ricerca dello stare dentro, col proprio sè, dovrebbe allargarsi al fuori da sè. Noi tendiamo a cercare amore, attenzione, in una continua ricerca di identità.

E’ quando siamo soli che giunge il momento di verità.

Si è sempre in corsa, alla ricerca di relazioni esterne ma la velocità non è forza, è debolezza.

Metaforicamente dovremmo diventare oro, bello, lucente, radioso, pregiato, prezioso, raro, con la caratteristica di unirsi e legarsi agli altri metalli, malleabile ma resistente e capace di stare bene anche da solo per la sua qualità di non essere intaccato da nulla. Fu proprio l’oro, nel vangelo secondo Matteo uno dei doni portati dai Magi a Gesù, per i cristiani simboleggia la regalità di Gesu e nel buddismo è uno dei sette tesori, la retta convinzione, la fede.

Questa è la vera realizzazione a cui lo Yoga tende, quella di diventare rakasha, luce che si diffonde in ogni dove, anche per illuminare tutti gli altri esseri che vivono attorno a noi, attraverso la giusta capacita di giudizio, l’equanimità e la compassione.

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