yoga

Meditazione di Antar Mouna

Percepire il proprio silenzio interiore e far emergere i propri pensieri

Antar Mouna è il proprio silenzio interiore. E’ ovvio che per percepire pienamente il proprio silenzio interiore sia necessaria molta pratica. Allenarsi nella pratica non è semplice, ci vuole tempo, determinazione, la guida di un bravo maestro, ma credo che la volontà e la perseveranza possa aiutare anche il neofita.

Questa meditazione rappresenta una grande sadhana destinata a rendere il praticante consapevole sia del proprio silenzio interiore, sia  del suo rumore interiore.

Invito a leggere quanto precedentemente scritto su questa meditazione qui sul mio sito.

La sostituzione del pensiero

Per chi non è pratico sarà difficoltoso memorizzare i passaggi e riuscire a percepire i propri stati mentali e ad attuare “la sostituzione del pensiero”. Per chi pratica da molto tempo sarà sicuramente più semplice. Invito a registrare con tono molto lento e pacato la sequenza per poi praticarla.

Ripeto che non è facile ogni giorno riuscire a meditare, ad isolarsi anche soltanto per venti minuti. Lo si deve volere, è un addestramento, e soltanto dopo molta pratica, la vera esperienza meditativa potrà “accadere”.

La pratica è suddivisa in un certo numero di fasi:

I FASE

In questa prima fase il maestro, dopo la preparazione per entrare in meditazione, ovvero dopo avere assunto una comoda posizione meditativa, mantenendo la colonna vertebrale diritta, la testa centrale, gli occhi chiusi, posando le mani sulle ginocchia in chinmudra, ci guida nel rilassamento di tutto il corpo e alla sua immobilità. Viene quindi vibrata per tre volte la Om.

Ci guida poi a divenire consapevoli di tutti i suoni esterni e di tutti gli eventi sonori che si creano attorno a noi, e ci invita a divenire consapevoli, ma con indifferenza assoluta e attitudine da testimone, delle proprie esperienze sensoriali. (Questa prima fase ha una sua durata in quanto vengono presi in considerazione tutte le nostre parti del corpo).

Ci invita alla esplorazione del corpo, dei sensi, dei punti di contatto del corpo con il pavimento, e di tutte le sensazioni che proviamo stando seduti, immobili.

La consapevolezza va poi condotta sull’ambiente esterno e sulle percezioni disturbanti che ne derivano o soltanto su tutti i  suoni esterni presenti. La nostra mente deve, a questo punto, focalizzarsi sull’infinitesimo spazio di silenzio che si percepisce tra un suono e l’altro, con la consapevolezza vigile, priva di coinvolgimento emozionale e sensitivo.

II FASE

La seconda fase è quella di ritirare se stessi da tutti gli stimoli e dalle sensazioni esterne,  divenendo consapevoli soltanto dei processi mentali, soprattutto del processo spontaneo di ingresso e di uscita dei pensieri.

Il maestro invita il praticante a ritirare la consapevolezza all’interno portando l’attenzione sul respiro, senza esercitare alcun controllo su di esso. La consapevolezza è  sul movimento del respiro, sull’aria che entra e che esce, il tutto per lasciare che dal  respiro si  passi ad osservare il flusso dei pensieri, sempre senza mantenere alcun controllo su di essi.

Occorre essere spettatori dei pensieri, ma in modo spontaneo, far sì che ogni tipo di pensiero si affacci alla mente liberamente. Siano  pensieri che piacciono, sia quelli che non piacciono, questi devono essere osservati ma liberati dal loro  contenuto emozionale per far sì di rimanere spettatori vigili in questo delicato processo.

III FASE

E’ lo spostamento spontaneo fra la consapevolezza vigile dapprima esternalizzata, ad una consapevolezza successivamente interiorizzata; in altre parole si tratta di pensare, meditare e cancellare i propri pensieri in modo assolutamente volontario. Senza rendersene conto, man mano si vanno ad aprire le porte del subconscio,  lasciando che esso affiori liberamente.

Portando la nostra consapevolezza in chidakasha (lo spazio tra le sopracciglia),  andiamo ad osservare i nostri pensieri, che possono apparire come dei flash o  come  brevi ed intensi sogni.

Si diventa così  osservatori e spettatori delle immagini: essenziale è cercare di non creare intenzionalmente alcuna immagine perché esse devono affiorare liberamente in noi.

Dalla mente si ritorna  al corpo, alla sua forma ed alle sensazioni che da esso emanano.

IV FASE

E’ la creazione spontanea di  pensieri e  la successiva dissoluzione in modo volontario. La scelta non è la nostra, occorre lasciare emergere i pensieri, occorre non trattenerli e non farsi coinvolgere da essi, rimanendo con la consapevolezza sempre vigile in chidakasha, lo spazio della coscienza,  osservando il tutto con attenzione, ma sempre con un certo distacco.

La consapevolezza è sul flusso dei pensieri, con grande attenzione, ma in pieno rilassamento.

V FASE

E’ la rimozione e la cessazione di tutti i pensieri, per divenire allo stesso tempo consapevoli di uno stato di shoonya, di “vuoto” che va ad  accelerare l’entrata in uno stato di meditazione spontanea profonda. La consapevolezza è vigile, lasciando però che tutto avvenga in modo naturale, calmo e rilassato.

Il maestro riconduce i praticanti a tornare lentamente al mondo esterno, all’ambiente in cui ci si trova.

La ripetizione, in questa meditazione è di sette volte del mantra Om Shanti.

Buona pratica!

@Riproduzione Riservata

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