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Contrarietà nella scuola: stipendio docenti legato a formazione e risultati

Molte le polemiche e contrarietà, in questi giorni, sulla proposta per la scuola che il Ministro dell’Istruzione Bianchi  ha presentato prima di Pasqua. Lo scatto stipendiale dei docenti non sarebbe più biennale: ricordo che gli scatti sono stati bloccati per anni appositamente per avere un risparmio importante sulle pensioni. In previsione dell’uscita di moltissimi docenti infatti, si è bloccato l’ultimo scatto, quello importante, cosicchè, dopo 42 anni e dieci mesi, a regime, i docenti hanno percepito una pensione decisamente inferiore ai colleghi andati in pensione prima di loro.

Qual è la proposta?

La proposta è di dare uno scatto  ogni 5 anni, attraverso una “verifica finale”, al quinto anno.

Da chi è partita l’idea?

Come molte altre volte, ciò è richiesto, oggi, dalla Fondazione Agnelli; l’idea era già stata messa in pratica nel 1996,  ripresa poi in seguito, con l’obbligatorietà di ore di formazione annuali, ore svolte con corsi di formazione  per lo più a distanza del tutto inutili, con un business incredibile, corsi che, con due crocette, avevano la pretesa di avallare e certificare  la formazione dei docenti.

I risultati?

Personalmente non ho mai visto il beneficio tratto da questi corsi di formazione, né su di me né sui colleghi, tranne che per i corsi  relativi agli strumenti informatici, di cui la scuola aveva grande bisogno.

Valutazione sul miglioramento dei risultati degli alunni

Non si comprende “chi” valuterà. Inoltre sembra che  a questa valutazione finale se ne aggiunga un’altra,  una  “valutazione del miglioramento dei risultati scolastici degli alunni degli insegnanti che accedono al percorso di formazione e aggiornamento”.

Questo punto merita una riflessione: chi rimarrà ad insegnare nelle zone con disagio socio – ambientale, in cui alcuni allievi vengono certificati BES (alunni con Bisogni Educativi Speciali) soltanto perché non sono riusciti a seguire la programmazione della primaria e giungono alla secondaria non sapendo neppure scrivere una frase in italiano?

In queste zone la maggioranza delle  classi è  difficilmente gestibile per molte problematiche e per la conseguente  eterogeneità dal punto di vista degli apprendimenti, del sistema di valutazione, delle strategie da mettere in campo.

Perché un docente dovrebbe rimanere a insegnare in questi contesti? Avendovi insegnato, mi sono resa conto che chi rimane è per lo più altamente preparato e fortemente motivato, ma i risultati, a fatica tripla, sono  senza dubbio un terzo rispetto a quelli di  classi di altri contesti urbani.

Le zone con classi con alti bisogni formativi – educativi  verrebbero dunque ad essere “svuotate” da corpo docente preparato, motivato, con anni di esperienza, che richiederebbe il trasferimento in zone con ragazzi più seguiti a casa. Ma sono proprio le zone più disagiate ad aver  maggior bisogno di docenti abituati a lavorare con obiettivi diversi sul gruppo classe.

Non è sicuramente questa la via per la selezione del corpo docente, non è questo un corretto piano per il reclutamento dei docenti ovvero   “ formazione continua incentivata”.

Ottima invece l’idea di creare, seguendo i modelli europei,  un’ alta scuola di formazione, come percorso universitario, in modo che la scuola non sia più la scelta lavorativa dell’ultimo secondo, ma una scelta coerente e ponderata, con una motivazione precisa. 

Non si è compreso bene se questa sia l’idea.

Insomma, è tutto molto vago.

Si spera che non venga messa mano sulla scuola, per l’ennesima volta, in senso peggiorativo: siamo già i penultimi come istituzione scolastica in Europa, questo pre –  covid; può darsi che nel frattempo la Grecia ci abbia superato!

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