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Un piccolo simpatico prestito

Nel mio libro “Storie recanatesi, Carteggi di Paolina Leopardi”, oltre ai carteggi tra Paolina Leopardi  e Marzio Politi, ve ne sono altri, relativi ai rapporti tra le famiglie dei due protagonisti.

Un carteggio è tra il conte Monaldo, padre di Paolina e Giuseppe Politi, padre di Marzio.

Monaldo chiede all’amico,  per non indisporre la moglie che aveva l’amministrazione del patrimonio familiare, un piccolo prestito, reiterato.

Ecco la lettera del 10 marzo 1835, con una premessa:

“A opportuna illustrazione degli aneddoti da noi narrati nello scritto che precede intorno a piccoli sotterfugi a cui l’ottimo conte Monaldo tratto tratto ricorreva per controbilanciare in certo qual modo la severa, ahi troppo severa!, economia della marchesa Adelaide, stimiamo appunto di dare alla luce la lettera che il conte Monaldo diresse il 12 di marzo del 1833 al cav. Giuseppe Politi da Recanati. È inedita, e se ne conserva l’autografo, con altre carte leopardiane, nella Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, cui furono vendute ultimamente dal signor Marzio Politi”[1].

Ecco la trascrizione:

Il prestito che mi favoriste tanto cortesemente fu un piccolo trafugo che io feci a mia moglie, e non volendo ora confessarlo, mi occorrono altri cinque o sei giorni per effettuarne la dovuta e tanto ritardata restituzione. Dentro questo termine pertanto avrete immancabilmente li scudi sessanta, e sperando che aggiungerete questo breve sopporto all’altro favore, mi ripeto con la solita sincera amicizia e riconoscenza

Vostro

Aff.mo obbl.o e Serv.re

Monaldo Leopardi

Scrivo a pag. 109:

“Nei secoli, l’autorità e il patrimonio dei Leopardi crescono costantemente…La famiglia vede però un vero declino economico dopo la morte nel 1771 del Conte Giacomo Leopardi, nonno di Paolina.

Monaldo allora, rimasto orfano del padre a quattro anni, cresce con la madre che non si risposa ed ha, come precettore, don Giuseppe Torres (1744 – 1821), padre gesuita.

La madre di Monaldo, Virginia Mosca Passionei di Pesaro, non è abbastanza risoluta caratterialmente per risolvere le varie questioni di famiglia, lasciando amministrare il patrimonio ad altri. La Chiesa va in aiuto alla famiglia, su sollecitazione di Virginia che riesce ad ottenere da Papa Pio VI, per il figlio Monaldo Leopardi (per disposizione testamentaria avrebbe potuto usufruire dei suoi beni all’età di 18 anni) la deroga di assumere l’amministrazione della propria eredità, nel 1794.

Ma neanche Monaldo è portato a farlo in quanto, sin da bambino, è incline allo studio…

Tocca dunque ad Adelaide Antici, sin dal suo ingresso in casa Leopardi, risanare i conti della famiglia. Si ricorda come la nobildonna, nel tentativo, riuscito, di risanare le finanze della famiglia, fosse attenta ai minimi particolari…”


[1] Aveva riportato lo scritto Antonio Traversa, nella lettera depositata nell’archivio dalla BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE di Roma, datata però, come a me pare, non 1833, ma 1835, lettera in originale a me giunta dall’Archivio Digitale di Roma, Beni Culturali, Ufficio Riproduzioni. beniculturaliit.onmicrosoft.com

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