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Yoga è silenzio interiore, è “antar mauna”Si pratica Yoga con un sottofondo musicale?

In un gruppo molto numeroso di praticanti di yoga, è stata posta questa domanda:

“Chi di voi pratica yoga con un sottofondo musicale?”

Yoga è silenzio interiore, è ”antar mauna.

Spiego questo nel capitolo 14, dove pongo due pratiche meditative, una delle quali è proprio quella di “Antar Mauna”, ovvero il silenzio interiore.

Cosa hanno risposto i praticanti?

Le risposte, nel gruppo, sono state le più disparate. Molte persone hanno fornito risposta affermativa: ovvero praticare yoga con un bel sottofondo musicale è piacevole e raccomandabile.

Probabilmente, chi pratica in questo modo, o è guidato dal proprio insegnante alla ricerca dei suoni al di fuori di sè, come esercizio mirato per poi ritornare al proprio stato interiore, oppure è meglio si rechi in un centro benessere o pratichi ginnastica rilassante, ma non chiamiamola pratica di yoga.

Tutti noi abbiamo praticato yoga, magari da soli, a casa, con un sottofondo musicale che non ci distraesse, ma questo nei primi tempi della pratica. Proseguendo, diventando consapevoli che l’ascolto è quello del corpo, del prana che andiamo a sviluppare e a direzionare con asane che portano il corpo alla meditazione, abbiamo trovato il nostro prezioso silenzio interiore. Yoga è partire dal corpo per giungere alla mente.

E allora, cosa è il silenzio nello yoga?

Qual è il significato di antar mouna?

“Per cercare di far comprendere cosa si intenda e come possa avvenire la vera percezione del nostro silenzio interiore, nel libro vado a descrivere e a commentare una meditazione di Dhyana Yoga, quella di Antar Mauna, per poi proseguire con una più complessa, quella di Guna Rahita Akasha, una pratica meditativa di Laya Yoga.

La parola sanscrita mouna/mauna significa “silenzio”, e antar significa “interno”, perciò il nome di questa pratica è “il silenzio interno” ed essa rappresenta una grande sadhana destinata a rendere il praticante consapevole del silenzio interiore, così pure del suo rumore interiore.

Non è facile ogni giorno riuscire a meditare, ad isolarci anche soltanto per venti minuti. Lo si deve volere, è un addestramento, e soltanto dopo molta pratica, la vera esperienza meditativa può “accadere”.

Accade, e si legge in tutti i testi di yoga, quando riusciamo a diventare dei drashta, gli osservatori dei nostri processi interiori.

Platone, come riportato da San Serafino di Sarov, si può considerare come il punto tra filosofia orientale e occidentale: in pochi versi del Fedone egli fa corrispondere il contatto tra l’Anima e Verità, Anima che, attraverso il ritiro dei sensi (antar mouna in Yoga) staccandosi dal corpo, viene in contatto con la Verità.

Come è lo stato mentale nella pratica dello yoga?

Nella vita quotidiana le nostre menti sono quasi continuamente esternalizzate: si vede e si ascolta solo ciò che succede al di fuori di noi stessi con una scarsa comprensione degli eventi che accadono nel nostro ambiente interno.

La pratica di antar mauna è destinata a dare una svolta a tutto ciò, così che almeno per un breve periodo di tempo si possano osservare i processi della nostra mente e si possano comprenderli.

Antar mauna è una delle “sadhane permanenti” che può essere praticata anche spontaneamente, per tutta una intera giornata da chiunque sia realmente determinato a volersi conoscere a fondo. Mantenendo la consapevolezza del nostro ambiente interiore, dei pensieri, delle reazioni emozionali, e così via, la persona può accelerare la sua evoluzione personale fino a un grado estremo e la pratica è in grado di fargli comprendere i processi della sua mente razionale e di quella irrazionale”.

In cosa consiste la pratica meditativa di Antar Mauna?

“In antar mouna troviamo una delle quattro forme di pratyahara, indriya pratyahara, il controllo dei sensi. Per purificare i nostri sensi è possibile creare impressioni naturali positive meditando su elementi della natura (acqua, fiori, montagne, alberi…) o in luoghi in cui ci sentiamo bene. Attraverso visualizzazioni mirate al nostro interno è possibile ridurre le impressioni che provengono dall’esterno.

Prana pratyahara poi, il controllo del respiro, fa sì che i sensi seguano il prana generato; si va a produrre l’energia vitale che rimarrà, però, all’interno del corpo per non andare a interagire con le percezioni sensoriali.

Cosa scrive, a tale proposito Satyananda?

La tecnica già descritta di portare il respiro su brumadhia, in chidakascha, la parte superiore della testa, nel cuore o in un altro chakra, ottimizza la tecnica della concentrazione già focalizzata al nostro interno”.

Satyananda scrive “La pratica meditativa di antar mauna è il primo passo attraverso l’ottenimento di questo stato permanente di comprensione interiore. Benché debba essere praticata per un massimo di un’ora al giorno, i suoi effetti proseguono anche dopo che la pratica è terminata e la persona comincia automaticamente a conoscere il suo stesso “lato nascosto” e a vedere come lui reagisce alle situazioni della vita normale in una maniera chiara e genuina””.

La meditazione è addestramento?

Antar mouna è un sistema completo d’addestramento per il processo di consapevolezza; essa insegna alla persona come conoscere i propri processi mentali ed appendere le vie attraverso le quali può metterli sotto un pieno controllo. La pratica può essere svolta in ogni momento della giornata, riflettendo semplicemente sulla domanda “che cosa sto pensando?”, “che cosa sta accadendo adesso nella mia sfera mentale?”

Descrivo la pratica intera nel libro.

Da quanto sopra possiamo dunque concludere che la pratica è anche “pratica permanente”, resa informale dopo molta esperienza, ma ciò che dobbiamo, in primis, andare a ricercare, sempre, è proprio il nostro silenzio interiore, ovvero “antar mauna”.

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