Chi fu Patañjali?
Non lo sappiamo esattamente: di lui si sa che scrisse gli Yoga Sūtra, testo fondamentale dello Yoga darśana ovvero dello Yoga classico composto da 196 aforismi che descrivono il sentiero yogico integrale classico del Raja Yoga, la disciplina mistica alla base dello Yoga come sistema filosofico – religioso dell’induismo ortodosso.
Patañjali fu il primo a mettere per iscritto gli insegnamenti che fino ad allora erano stati tramandati oralmente, come era tradizione avvenisse presso le scuole Indu. Nulla si conosce della sua vita se non l’unica opera a lui attribuita.
Gli Yoga Sūtra contengono riferimenti alle scuole del Grande Veicolo del Buddhismo con elementi buddhisti palesi. Si ritiene che il testo sia datato tra il V e il VI secolo d.C.
Come mai Patañjali sente l’esigenza di mettere per iscritto un sistema filosofico talmente rigoroso da essere definito un vero percorso psicanalitico?
Egli vive nell’India in cui la religione professata è il buddismo, ma nella sua opera ci riporta un sistema filosofico ricavato dal pensiero della antica tradizione induista.
Anche se in filosofia la corrente dei puristi cerca di evitare il sovrapporsi delle religioni o filosofie, questo concetto è difficilmente applicabile al sistema filosofico buddista – induista.
Anche gli studi sulla Katha Upanishad confermano che essa fu scritta nelle prime comunità buddiste da saggi induisti. Procedendo nel tempo, nel periodo medievale, lo yoga fa da sintesi ed unione tra le due filosofie. Sia nel buddismo sia nell’induismo lo yoga veniva infatti praticato come disciplina rivolta alla trance estatica.
Per quale motivo Patañjali sentì l’esigenza di mettere per iscritto tradizioni antiche induiste?
Potremmo semplicemente affermare che Patañjali volesse affermare il pensiero induista in un contesto buddista per lasciare un segno indelebile della tradizione induista, mettendo per iscritto le antiche tradizioni. E’ difficile riuscire a creare una demarcazione tra tradizioni giainiste, indu e buddiste. Joseph White, vissuto tra il 1700 e il 1800, orientalista e teologo inglese, docente all’Università di Oxford affermava che ormai il tantrismo aveva fatto breccia nei ceti popolari buddisti, con pratiche di visualizzazione di maṇḍala, cakra e con ricerca di poteri magici tipici dei contesti induisti.
D’altronde Buddha nacque quando la cultura yogica era all’apice delle sue pratiche.
Cosa afferma l’orientalista Mircea Eliade a questo proposito?
Mircea Eliade, storico delle religioni, nel suo libro Lo Yoga. Immortalità e libertà, a cura di Furio Jesi, traduzione di Giorgio Pagliaro, Sansoni Editore, 1954; p. 163 e 184 afferma:
“Per ottenere lo stato dell’incondizionato, cioè per morire radicalmente a questa vita profana, dolorosa, illusoria, e rinascere (in un altro “corpo”) alla vita mistica che renderà possibile l’accesso al Nirvana, il Buddha utilizza le tecniche yoga, pur correggendole e completandole con un profondissimo lavoro di “comprensione” della verità. Notiamo che i preliminari dell’ascesi e della meditazione buddhista sono analoghi a quelli che raccomandano gli Yoga – Sutra ed altri testi classici…..
….grazie soprattutto alla pressione delle esperienze religiose popolari, la devozione mistica acquisterà un’importanza considerevole. I Boddhisattva, i Buddha Amitabha, Avalokitecvara e Manjucri, gli innumerevoli Buddha celesti, sono creazioni di Bakti (la devozione). Neppure il buddhismo può fare eccezione alla generale tendenza della spiritualità indiana. Il processo sarà facilitato dall’omologazione tra i molteplici “corpi di Buddha”, dall’importanza crescente dei mantra, e soprattutto dal trionfo del tantrismo”.
Concludendo possiamo dire che durante la fase storica del buddismo le tradizioni brahmaniche fossero prolungate nella consapevolezza che, nel tempo, il buddismo sarebbe scemato e che avrebbe perso la potenza intrinseca del suo assetto dottrinale nell’ultima fase del Kali yuga, epoca di decadenza, in cui il tantrismo si diffuse trasversalmente alle religioni e sistemi filosofici.
@Riproduzione Riservata
